pezzo di me
Pensieri e Parole

Un pezzo di me

12 settembre 2012

Sono nata per sbaglio, e questa sensazione l’ho portata sotto la pelle per metà della mia vita.

Bambina in un mondo di grandi, bambina sbagliata nel posto sbagliato. Bambina strana, che non parlava con gli altri bambini, giudicati troppo… bambini. Che non parlava con i grandi, troppo… grandi.

Ma ascoltava.

Ho ascoltato tutti, ho ascoltato troppo. E così ho finito con l’essere solo una brutta copia di me stessa, una lavagna sporca dove chiunque poteva scrivere ciò che voleva. Asociale. Ok, ero asociale. Brutta. Ok, ero brutta. Svitata. Ok, ero svitata. Chi ero non lo sapeva nessuno, nemmeno io. Di volta in volta ero ciò che mi dicevano fossi.

Fin quando il disco si è rotto, la molla ha ceduto, la crepa si è aperta.

Ho sbattuto violentemente per terra, ogni cosa di me è andata in pezzi. Ho impiegato cinque anni ad attaccare i cocci con la saliva, poi qualcuno mi ha detto che esistevo.

Una persona che mi ha permesso di entrare dentro me stessa e di guardare le foto del passato versando una lacrima ancora, ma strappandole poi in mille coriandoli.

Se non avessi incontrato quella persona, oggi non so se sarei ciò che sono. Non so se avrei saputo saltare fossi e uccidere draghi, come amo dire. Non posso saperlo.

No, non ho amato quella persona, non è stato un amore a dare una svolta alla mia vita. Anche se per un momento l’ho anche creduto. È già un anno e mezzo che questa persona non c’è più, ma ciò che mi ha lasciato è più di quanto io gli abbia dato.

Mi ha insegnato a usare la colla invece della saliva. Ho rimesso insieme i frammenti, ho scoperto poco per volta chi fossi e cosa volessi.

Da quel momento ho commesso una valangata di errori, ho smesso di ascoltare e ho iniziato a parlare. Ho amato e sofferto, pianto e riso. Ma ho vissuto per me.

Ho i miei rimpianti e i miei rimorsi, i ricordi belli e quelli brutti, come tutti, credo.

L’equilibrio di oggi l’ho pagato col sangue di ieri, e non è proprio ciò che desidero. Non è un bicchiere mezzo pieno, e nemmeno mezzo vuoto. È un bicchiere, ancora. Potrebbe non esserci nemmeno quello, in fondo.

Se c’è una cosa che ho imparato, è che nessuno sa cosa sia meglio per me, nessuno può essere uguale a un altro, e per quanto ci sforziamo, se vogliamo assomigliare a qualcun altro, saremmo sempre il numero due.

Possiamo essere solo il miglior noi stessi.

E le carte che in questa vita ci sono state date non si posso cambiare tutte: qualcuna sì, qualcuna no. E quando si mettono sul tavolo, con quelle bisogna giocare.

Non sono più una lavagna sporca di gesso mal cancellato, sbavato e grigio: sono me stessa, mi piaccio, non mi piaccio, piango e rido, dico ciò che penso e quando amo, amo.

Quando dico “ti voglio bene” è perchè lo penso davvero.

Quando sbaglio, pago.

Vorrei avere avuto un’altra possibilità, a volte.

E vorrei anche che certe ferite non facessero così male.

Come certi sogni che non si realizzeranno mai.

La Lo è complicata da capire, da amare, da ignorare e da ferire.

Niente è facile con me, per me.

La lotta impari fra mezzi e opportunità non mi farà mai cadere.

Io oggi credo in me. Posso farcela.

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