C’era una volta Baby Dolce
6 maggio 2017
C’era una volta Baby Dolce.
Baby Dolce era una principessa, viveva in un castello e guardava il mondo attraverso le sbarre.
Un giorno decise di scappare da quel grande ed effimero castello, di fondare un nuovo regno e di costruire una nuova fortezza.
Fu una scelta difficile e dolorosa, ma sperava che sarebbe andato tutto bene, che sarebbe stata felice.
Dopo aver creato il suo regno personale, lo governò con saggezza e lungimiranza.
Principe Azzurro entrò nella sua vita, e la principessa iniziò a credere che il futuro sarebbe stato un Noi, invece di un Io e Te.
Ma di lì a poco, Baby Dolce dovette affrontare molte calamità. Per trecento anni fu attanagliata dalla carestia che imperversava sulle sue terre, dalla malattia che le minava il corpo e lo spirito, dai nemici che la tenevano impegnata su più fronti, dal drago che ruggiva e le strappava il cuore a ogni lamento, relegato in un angolo lontano del regno perché non distruggesse tutto ciò che, faticosamente, Baby Dolce aveva costruito.
Senza più energie, Baby Dolce cercava di sopravvivere e prendersi cura della sua gente, certa che Principe Azzurro fosse al suo fianco. La corazza ammaccata dagli imprevisti, ma comunque al suo fianco.
Principe Azzurro era una piccola lucertola, dotata di un’armatura scintillante, forse solo un po’ arrugginita in alcuni punti.
Un giorno, Baby Dolce si avvide che la piccola lucertola stava al sole, immobile, lo sguardo sofferente rivolto oltre l’orizzonte. La prese in mano, con delicatezza, per tentare di capire se fosse ammalata, o peggio, ferita.
Di colpo, la lucertola dorata si trasformò in uno spaventoso coccodrillo. Con un grido, la principessa lo lasciò andare, prima di arretrare, provando a rassicurarlo sulle proprie intenzioni.
Ma Principe Azzurro, che aveva ormai perso il controllo, le dilaniò il cuore che lei teneva fra le mani, grondante sangue e disperata richiesta di aiuto.
Le disse cose orribili, cose che Baby Dolce non avrebbe mai immaginato di poter udire.
E anche se sapeva che era il coccodrillo a parlare, e non la lucertola che tanto amava, non riusciva comunque a comprendere come tale trasformazione potesse essere avvenuta.
Cosa avesse provocato la perdita di fiducia nei suoi confronti da parte di Principe Azzurro, e la conseguente rottura del loro rapporto.
Baby Dolce sentiva le parole tirate addosso come sassi lacerarle l’anima, e, nello stesso tempo, il rumore delle grate che scendevano inesorabili a proteggere ciò che restava del suo cuore a brandelli.
A ogni frase, il clang metallico e orrendo sanciva la chiusura, ma la principessa ancora sperava di sentire le uniche parole che le avrebbero permesso di tenere aperto uno spiraglio.
Parole che non arrivarono mai. Soltanto sassi, aguzzi, taglienti, e capaci di farla a pezzi.
La distanza fra Principe Azzurro e Baby Dolce crebbe a dismisura: lui restava immobile, a guardarla con occhi gelidi, mentre lei arretrava a ogni affondo.
Baby Dolce non seppe mai quanta consapevolezza avesse la lucertola in merito allo scempio che il coccodrillo stava compiendo.
Ma non poteva permettersi di scoprirlo. Lasciò che Principe Azzurro tornasse ad assumere le sembianze di una lucertola, smise di soffrire e di gioire, lo spirito ibernato in attesa di un futuro migliore.
Baby Dolce non aveva idea di quanto male avesse fatto a Principe Azzurro perché questi si trasformasse in un feroce coccodrillo.
Ma sapeva perfettamente quanto male lui avesse fatto a lei.
Ed era decisa a non permetterglielo mai più.
Ora Baby Dolce sapeva che la sua lucertola poteva mostrare un volto diverso, terribile e mostruoso. E non sarebbe mai più riuscita a fidarsi di quella creatura.
L’avrebbe accarezzata nei giorni di sole, non l’avrebbe scacciata dal suo regno, ma non l’avrebbe più presa in mano e portata al petto.
Baby Dolce tornò a occuparsi della carestia, dei nemici ai confini e del drago, che avrebbe voluto sapere libero e felice, e che, invece, languiva in un oscuro anfratto.
Niente era andato come Baby Dolce aveva sognato, tagliò la lunga treccia bionda e decise che il futuro sarebbe stato… niente.
Niente, e così sia.